Il
grissino
La
storia del grissino è importante nella vicenda del
pane, sembra che nel 1668 Antonio Brunero, fornaio piemontese
fosse stato invitato dal dottor Pecchio di Lanzo, medico curante
di Vittorio Amedeo II di Savoia, che allora aveva due anni,
a fabbricare un tipo di pane leggero e facile da digerire.
Il
piccolo duca di Savoia futuro Re di Sicilia e Sardegna, era
delicato di stomaco. Il fornaio pensò di modificare
la ghersa, il pane tradizionale dell'epoca, tirandola ed assottigliandola
per ridurla ad un bastoncino con pochissima mollica e la crosta
croccante, ben cotto ma con pochissima acqua.
Venne
naturale chiamare questa novità piccola ghersa, ossia
ghersin, riferendosi alla parola dialettale.
Napoleone,
buongustaio anche se frettoloso mangiatore, era assai ghiotto
dei petitbatons de Turin, così ghiotto da invitare
nella capitale francese panificatori piemontesi, i quali peraltro
non riuscirono a fabbricare i bastoncelli tanto vagheggiati.
Forse
fu colpa dell'acqua o dell'aria di Parigi, fatto sta che rimpatriati
i fornai, fu necessario organizzare un invio quotidiano di
grissini da Torino a Parigi, perché non mancassero
mai alla mensa dell'Empereur.
Pare
piacessero anche all'imperatrice Maria Luigia, che col suo
sano appetito austriaco amava sbriciolarli nel brodo.
Questa
soupe delicata le venne servita subito dopo la nascita del
Re di Roma nella “tasse de l'accouché ”
(tazza della puerpera), una splendida tazza con piattino di
porcellana di Sèvres che Napoleone le mandò
in dono e che oggi si ammira nel museo Glauco Lombardi di
Parma.